La mobilità condivisa e le leggi che non bastano più

La mobilità condivisa e le leggi che non bastano più
Marco Berti Quattrini
Abbiamo parlato con Vittorio Muratore, fondatore della società di scooter sharing MiMoto, analizzando con lui i limiti e le potenzialità del nuovo modo di muoversi in città
28 novembre 2019

Uno degli attori protagonisti della mobilità del futuro sarà lo sharing. Nelle grandi città già oggi gioca un ruolo fondamentale, perché sia che lo si declini come sostenibile o come alternativo, quello condiviso è il modo di muoversi più ecologico e razionale.

Non solo perché gran parte delle flotte in sharing sono già elettriche (a breve anche quelle delle auto si adegueranno), ma perché razionalizzano l'impiego dei veicoli e la sosta. Automobili e scooter di proprietà trascorrono la maggior parte della giornata parcheggiati, mentre quelle in sharing vengono utilizzate da più utenti.

Lo sharing è un fenomeno relativamente recente, ma sta già cambiando rispetto a quando è nato. Ne parliamo con Vittorio Muratore, founder e CMO di MiMoto, il primo servizio Made in Italy di scooter sharing, attivo nelle città di Milano, Torino e Genova.

Lo sharing è un fenomeno esploso qualche anno fa. E' ancora in crescita?
Faccio un esempio che ci riguarda: quando MiMoto è nato, in Europa c'erano solo altri tre scooter sharing. In meno di due anni il mercato è cresciuto tantissimo e, per esempio, solo a Milano oggi ci sono cinque operatori con circa 2.500 scooter.

Lo sharing fa quindi parte della quotidianità di realtà come Milano, e continua a crescere, magari non come numero di operatori, ma sicuramente come parco mezzi, e non smetterà di farlo. Anche con l'arrivo dei monopattini, che la scorsa estate ha avuto un grande successo, lo scooter sharing non ha registrato nessuna flessione, né dal punto di vista di utenti registrati, né da quello delle corse fatte.

Questa è la dimostrazione che il mercato non è per niente saturo.

I servizi si moltiplicano, e per gli utenti diventa complesso destreggiarsi... 
Si va verso una maggior completezza nell'offerta. Noi, come altri competitor, stiamo lavorando a una diversificazione per l'utente. Pensiamo all'integrazione di altri tipi di veicoli, siano essi a due, tre o quattro ruote, in modo che un domani l'utente, in base al tragitto che dovrà fare, possa scegliere il mezzo a lui più adatto. Il concetto è quello di mettere al centro l'utente, e non più il mezzo".

Di conseguenza bisognerà cambiare anche leggermente il modello di business...
I diversi operatori avranno diversi mezzi in sharing, e con una stessa app l'utente potrà scegliere quello più adatto. Oppure in altri casi si andrà anche incontro ad un'aggregazione di diversi operatori che forniscono differenti servizi. Magari si arriverà a pagare abbonamenti mensili per avere la possibilità di usufruire di una combinazione di mezzi e servizi, pubblici e in sharing, offerti da diversi operatori. In un modo o nell'altro - indipendentemente dal fornitore - l'utente avrà disposizione qualunque mezzo idoneo e adatto per il tragitto che deve fare.

Per generazioni i mezzi di trasporto sono stati di proprietà di chi li utilizzava, ora con lo sharing è più importanza che sia disponibile.
C'è un'evoluzione della cultura: se prima in Italia il possesso era uno status symbol e arrivare con la macchina di lusso voleva dire essere qualcuno, oggi questo concetto viene a cadere, soprattutto nelle generazioni più giovani.

Di pari passo è cambiato anche l'approccio allo sharing stesso ed è cresciuto il rispetto nei confronti di questo servizio. Ora è percepito come utile per tutta la comunità, un qualcosa che va protetto, proprio perché si è capito quanto sia utile per la città.

Quali sono gli errori che le amministrazioni commettono in relazione allo sharing?
I Comuni italiani attraverso l'introduzione del car-sharing nel proprio territorio hanno trovato un business model: gli operatori devono ogni anno pagare una cifra per ogni automobile che hanno in strada e i Comuni hanno provato ad applicare lo stesso modello anche a chi offre servizi diversi. Ma uno scooter per esempio non occupa parcheggi a pagamento (strisce blu o gialle) e non paga gli accessi nelle aree a traffico limitato (AreaB per esempio). Questo è un po' l'errore; poi però va anche detto che le Amministrazioni non fanno nulla per ostacolare l'arrivo di un servizio come il nostro, perché noi offriamo un servizio al cittadino a costo zero per i Comuni. Un servizio offerto da un privato, ma che di fatto è pubblico e che si integra con il trasporto pubblico. Detto questo, siccome lo Stato offre incentivi ai privati per passare dal termico all'elettrico un domani mi auguro che anche le realtà come la nostra riceveranno soldi pubblici per il servizio di pubblica utilità che forniamo.

Un altro problema in Italia è che si vuole assimilare l'uso privato e l'uso in sharing dei mezzi anche se sono due cose diverse. Poi un'altra mancanza è il contatto con il cittadino, fare delle interviste per capire cosa pensa; fare tavole rotonde accorpando i diversi operatori per capire come procedere su questi temi. Poi - in ultimo - ognuno di noi ha un parere personale, ma quando questo parere personale prevale sul buon senso di chi detiene il potere allora c'è un problema. 

Cosa pensa del Decreto che regolamenta la micromobilità?
Trovo giusto che si debba sperimentare, e sono favorevole a qualunque tipo di innovazione. Ed è altrettanto giusto cercare di dare una regolamentazione a questi mezzi. Non ha senso prendere semplicemente un business nato in California, dove gli spazi e l'orografia del territorio sono diversi, e portarlo a Milano tra pavè e rotaie senza zone dedicate. Le leggi vanno quindi contestualizzate e rinnovate in base alle esigenze locali e del presente.

Qual è il sistema normativo estero pensato meglio?
Madrid! Perché in Spagna hanno un numero inferiore di limitazioni e l'esperienza dell'utente è molto più immediata e semplice. Se in Italia per fare un chilometro devo fare un pezzo di ciclabile poi scendere dal monopattino e spingerlo fino a quando non trovo una strada con limite a 30 km/h, poi se è sera devo ricordarmi di indossare il giubbetto catarifrangente, eccetera... all'utente passa la voglia.  

Le 3 regole d'oro dello sharing?
Ascoltare i propri clienti, scegliere il giusto mezzo e una user experience facile.

I 5 requisiti che deve avere il veicolo perfetto per lo sharing?
Deve essere elettrico, sicuro, rispettoso dei limiti, non ingombrante. E giallo...

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